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Il Progetto Blackfin è stato lanciato, ma come ci siamo arrivati?

Samanta Fumagalli

20.12.19 5 minuti di lettura

Poche settimane fa, alla conferenza SLUSH di Helsinki, F-Secure ha lanciato qualcosa di molto interessante: il Progetto Blackfin. Si tratta di un progetto di ricerca che ha già un po’ di storia alle spalle. Matti Aksela, vicepresidente dell’intelligenza artificiale di F-Secure, ci racconta in questo articolo di cosa si tratta, da dove è nata l’idea di questo progetto di ricerca e quali sono stati i primi passi di questo viaggio.

“Il mio background non è nella cyber security. Mi occupo di machine learning. Quando sono entrato in F-Secure poco più di due anni e mezzo fa, ho cercato di capire come funzionano le cose in questo settore. Ho iniziato ad approfondire e comprendere ciò che è stato fatto in F-Secure (dal momento che F-Secure lavora sul machine learning dal 2006), ma ho anche letto molto su ciò che la concorrenza sta facendo, su come la ricerca si sta muovendo sul tema dell’apprendimento automatico nel campo della sicurezza informatica e ho parlato con alcuni analisti del settore.

Mentre lo facevo, ho avuto la sensazione che tutti nel settore stessero facendo sostanzialmente le stesse cose: trovare lo stesso tipo di soluzioni agli stessi problemi. C’erano sì differenze, ma nulla di veramente radicale secondo la mia onesta opinione. Data la natura dei problemi che stiamo cercando di risolvere, mi sono trovato a pensare che ci debbano essere modi migliori per affrontare le sfide del settore – nel rilevamento e nella risposta, ma anche nella sicurezza informatica in generale. Se da un lato ero pienamente d’accordo (e lo sono ancora) con il nostro approccio che combina esperienza umana e tecnologia (compresa l’intelligenza artificiale), sentivo che avremmo potuto fare molto di più se avessimo fatto le cose in modo un po’ più intelligente.

Ciò ha portato al concept di uno sciame distribuito di agenti intelligenti che cooperano e comunicano tra loro. Il concept ha visto la luce per la prima volta alla fine del 2017, alcuni mesi dopo il mio ingresso in F-Secure. Abbiamo lavorato molto con il nostro Chief Technology Officer Mika Ståhlberg, ma al concept mancavano ancora alcuni pezzi e ci sono voluti diversi mesi prima di metterli insieme tutti quanti.

Poi finalmente, in una bella giornata soleggiata dell’estate del 2018, mentre stavo camminando lungo il canale di Helsinki, quei pezzi finali sono diventati chiari e il resto è storia. Devo ammettere che c’è stato un susseguirsi di attività interne e discussioni con tutti i tipi di stakeholder, con i singoli sviluppatori, i data scientist, con chi gestisce i prodotti, con i membri del leadership team e persino con il nostro Consiglio di amministrazione – praticamente con tutti quelli di cui avevamo bisogno per assicurarci di essere tutti allineati. Questa è stata davvero un’iniziativa trasversale in F-Secure, qualcosa che certamente non abbiamo fatto da soli nel nostro Centro di eccellenza per l’intelligenza artificiale: tutti sono saliti a bordo!

Lo sviluppo effettivo (la scrittura del codice di produzione) della piattaforma di intelligence distribuita è iniziato all’inizio del 2019. Volevamo assicurarci di lavorare seguendo la nostra vision di avere veri sciami collaborativi di agenti intelligenti (sì, lo so che suona strano, ma in realtà spiega bene il concept), ma anche fare in modo che il nostro lavoro producesse un valore immediato. La visione che sta dietro al Progetto Blackfin la trovo al tempo stesso ovvia ma anche rivoluzionaria: si tratta di un modo molto diverso rispetto al solito di affrontare il problema, ma poi se ci pensi bene sembra quasi ovvio.

Ad essere sincero, sono spesso un po’ perplesso dalla tendenza comune a cercare di replicare il modo in cui funziona il cervello umano per costruire la “super-intelligenza”. Perché mai dovremmo provare a limitare l’intelligenza artificiale forzandola ad agire come un singolo essere umano? Conosciamo i punti di forza dei computer e sono molto diversi dai punti di forza degli umani. Certo, è naturale pensare che dato che siamo intelligenti e che questo è il modo in cui “lavoriamo” allora questo deve essere il modo per costruire l’intelligenza. Non ho dubbi sul fatto che questo pensiero sia utile quando si muovono i primi passi e si inizia a capire come funzionano le cose, e sono assolutamente d’accordo sul fatto che le reti neurali possono essere molto utili per alcuni problemi (come le profonde reti convoluzionali nel riconoscimento delle immagini). Sono convinzioni che mi derivano dalla mia esperienza lavorativa al Centro di ricerca sulle reti neurali dell’Università di Tecnologia di Helsinki negli anni ’90.

Ma ad un certo punto dobbiamo pensare un po’ fuori dagli schemi per trovare una soluzione migliore. Non dovremmo cercare di forzare l’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale a essere l’una come l’altra, ma ammettere semplicemente che ci sono modi diversi, intelligenze diverse. Dovremmo impegnarci a costruire l’intelligenza delle macchine nel modo in cui è naturale farlo, sulla base quindi dei punti di forza dei computer: estremamente parallelo con una comunicazione intensa ed efficace, dinamica e adattiva, veloce e focalizzata.

L’uso di sciami collaborativi di agenti intelligenti, secondo me, è il percorso verso il futuro dell’intelligenza artificiale. Il Progetto Blackfin rappresenta per noi questo percorso.

E come sapete, abbiamo rilasciato la prima generazione della tecnologia basata su Project Blackfin nella nostra soluzione Rapid Detection and Response (RDR). Stiamo offrendo valore ai nostri clienti attraverso modelli su misura di rilevamento delle anomalie locali che operano insieme, ma condividono anche la visione globale tra gli agenti.

Questo è anche il modo in cui continueremo il Progetto Blackfin – facendo costantemente passi avanti guidati dalla nostra visione, ma portando al contempo valore continuo ai nostri clienti e partner. Il progetto Blackfin non si occupa solo di fare cose interessanti ma anche della protezione dei nostri clienti in modo da garantire che tutti noi siamo protetti non solo dalle minacce odierne ma anche da quelle future.”

Samanta Fumagalli

20.12.19 5 minuti di lettura

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